Anniversari importanti

Poco fa ragionavo sul fatto che, il prossimo anno, saranno già vent’anni dalla prima volta che mi sono venute le mestruazioni.
(Se vi dà tanto fastidio la parola mestruazioni, passate avanti, questo post parla di loro. Ma assieme al passare avanti, fatevi anche un esame di coscienza sul fatto che al giorno d’oggi, con quel che si legge e vede, si dovrebbero temere altre parole ben peggiori e non la parola mestruazioni).
Comunque il prossimo anno saranno vent’anni tondi, e già mi sembra una follia avere dei ricordi riconducibili a più di dieci anni fa, ma la cosa ancora più assurda è che sono sì e no a metà strada.
Detto questo, la prima volta che mi sono venute avevo tredici anni e in una piacevolissima mattina di novembre ho pensato che la mia vita fosse ufficialmente finita.

Progetto senza titolo

A tredici anni non si può essere felici delle mestruazioni. Ok, si può tutt’al più fare a gara con le amiche per vedere chi sarà la prima o l’ultima, ma non è proprio una figata di niente la prima mestruazione – così come la seconda, la terza e tutte le altre.
Io almeno la pensavo così: sono rimasta a fissare il vuoto seduta sul water per quasi un’ora, indecisa sul da farsi. Ero al corrente di quello che stava per accadermi, mia madre mi aveva fatto una testa tanta e, proprio per quel motivo, le temevo come la lebbra o la peste bubbonica. Dovrai metterti gli assorbenti, mi dicevano, e io di rimando che pensavo, come diavolo si metteranno sti brutti così? Oggi sono talmente sottili e invisibili che si mettono da soli, ma vent’anni fa il mio primo assorbente sembrava più un materasso matrimoniale, e per quanto all’epoca non fossi un fuscello, le mie mutandine erano assai più piccine di quell’enorme coso traforato e minaccioso.
Passata la prima ora di panico sul water, ho deciso di chiamare mia madre: cosa potevo fare? Imbottirmi di carta igienica? E poi io non avevo assorbenti. Sarei dovuta lo stesso uscire dal bagno, intrufolarmi in camera di mia sorella e cercarne qualcuno nei suoi cassetti. Sarei stata comunque beccata, tanto valeva sbandierare il fattaccio, perchè di fattaccio nero si trattava (sempre per me).

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Così ho chiamato mia madre. Lei è accorsa sbuffando come al solito ed è entrata in bagno: ed ecco la prima vera manifestazione del tornado ormonale che colpisce una donna in fase mestruale. Senza dire una parola sono scoppiata a piangere come una fontana. E qui il secondo fatto ormonale che colpisce invece una madre di una donna alla prima mestruazione: senza dire una parola, lei ha capito ed è scoppiata a piangere.
Meno male, ho pensato, anche lei pensa che sia un’immane tragedia, non sono l’unica a odiare questo stato tremendo del mio corpo. Ma mia madre piangeva dalla gioia.
Poco dopo ha svegliato mia sorella, mio fratello e mio padre – come se fosse una cosa da raccontare anche ai nonni. E in realtà lo ha detto anche alla zia e allo zio, a tutti quanti. Io volevo morire e loro si congratulavano con me. Mi dicevano che ero finalmente diventata una donna, che non ero più una bambina – una frase carina da dire a una ragazzina che in quel momento vede la maturità come la cosa più lontana e difficile da capire.
Mio nonno credo mi abbia anche dato dei soldi per quell’evento tanto eccezionale – lui aveva capito che il mio animo era da sedare con qualcosa di valido e non con carezze, complimenti e pacchi in sconto di assorbenti.
Quindi, per concludere, il prossimo anno saranno vent’anni da quella mattina di novembre dove ho capito, dagli occhi di tutti quelli che mi davano assorbenti e si congratulavano, che qualcosa era davvero cambiato. Che da un lato la pacchia era finita, ma che dall’altra iniziava una nuova fase della mia vita.
Ovviamente ho mantenuto il mio desiderio di morire per moltissimi mesi di mestruazioni, e ancora oggi quando mi avvicino a quei giorni del mese maledico di essere donna: i crampi, la nausea, la debolezza, gli sbalzi d’umore.
E poi penso all’infinito mondo di gioie e dolori che c’è dietro, che giustifica ogni mese lo svuotamento di interi barattoli di nutella o enormi sacchetti di patatine.
Dopo vent’anni vorrei dire a quella me tredicenne di non avere paura delle mestruazioni, così come dei cambiamenti.
All’apparenza possono sembrare dolorosi, ma con una buona dose di cioccolata, si affrontano senza troppi drammi – o crampi.

 

Scrivere

Non sono una scrittrice, non chiamatemi così anche solo per gioco.
Mi piace scrivere, questo è vero, ma tra essere una scrittrice e il “mi piace scrivere” c’è di mezzo un tale buco nero che i più grandi studiosi al mondo ancora stanno elaborando teorie a riguardo.
Non sono una scrittrice, i veri scrittori sono altri, e benedetti quelli che lo fanno col cuore: quelli che sono scrittori “non soltanto di nome”. Quelli che sono così bravi che, quando li leggo, prima mi sale l’invidia e poi la meraviglia.
Non sono una scrittrice, mi piace solo scrivere. E c’è una grande differenza, ve lo garantisco.
Mi piacerebbe essere una di quelle davvero brave che scrivono cose bellissime e fanno emozionare le persone, ma la strada è ancora molto lunga. E guai se non lo fosse!

Amo scrivere e spesso nemmeno mi riesce troppo bene; altre volte invece sono contenta di quello che scrivo e vado a letto più serena.
Ma non sono una scrittrice.
Mi piace solo scrivere.
E non mi serve altro per dire che per me è la cosa più bella del mondo.